Chi sono i Destinatari e gli Utilizzatori
L’attività dell’istituto non potrebbe esistere senza una comunità di utilizzatori, finali e intermedi, e senza alcuni partner istituzionali diretti e indiretti che la supportano in diversi modi, non sempre comprendendola e a volte persino ostacolandola volontariamente o involontariamente, perché essa si discosta dalla politica e dalle linee programmatiche degli enti che attuano o determinano la politica culturale ed educativa nei paesi in cui cerchiamo di diffondere la nostra proposta metodologica e i nostri progetti.
Per quanto riguarda gli utilizzatori dobbiamo anzitutto distinguere tra gli utilizzatori in ambito educational – a cui ci rivolgiamo prioritariamente – e quelli in ambito professionale.
Per quanto riguarda gli utilizzatori in ambito educational dobbiamo poi distinguere tra quelli intermedi e quelli finali e poi ancora tra i ragazzi e gli adulti.
Noi consideriamo come destinatari educational dei nostri servizi gli utenti singoli, non le Istituzioni, perché anche quando un’Istituzione sembra interessata ai nostri servizi formativi e didattici per i suoi utenti, solo quelli più motivati finiscono per utilizzarli. Solo gli utenti che avvertono la necessità di accrescere gli strumenti in loro posseso, per poter imparare ad apprezzare e a fare arte con la scienza, hanno delle valide ragioni per intraprendere un’attività di studio e di sperimentazione. È dunque a questi ultimi che ci rivolgiamo con i nostri servizi, a coloro che hanno modo di testare ogni giorno, con i propri figli, nipoti, allievi, l’inadeguatezza dell’offerta formativa istituzionale, e dunque sono già alla ricerca di qualcosa di più adeguato per formarsi loro stessi in modo da poter seguire i loro cari e aiutarli a crescere.
Il nostro primo obiettivo in ambito educational è quello di portare un contributo all’educazione e alla crescita delle nuove generazioni; di conseguenza forniamo agli insegnanti e alle famiglie strumenti adatti per occuparsi della crescita intellettiva dei loro ragazzi. Vogliamo fare in modo che gli educatori già nei primi 12 anni di vita dei loro allievi – gli anni fondamentali per lo sviluppo della loro intelligenza – possano disporre degli strumenti e degli oggetti più adatti per seminare stimoli e insegnamenti metodologici nelle loro menti ancora ricettive come spugne, per rendere iperattive le loro sinapsi, per insegnare loro a «connettere» sia attraverso attività analitiche che attraverso attività sintetiche.
Tuttavia questo piano non può essere attuato senza formare gli stessi educatori. Se i genitori e i parenti si trovano spesso nelle condizioni di non riuscire ad aiutare i loro ragazzi, nondimeno gli insegnanti, a loro volta, si trovano spesso impreparati a causa una formazione pedagogica settoriale, contenutistica, ideologica, che non può consentire loro di aiutare i ragazzi a sviluppare l’intelligenza.
È questa la ragione per cui i primi interlocutori nella diffusione dei servizi educativi sono gli utilizzatori intermedi, quelli a cui affidiamo i «sistemi di studio reticolari» dopo averli formati attraverso i nostri corsi sia in presenza che interattivi online
È anche chiaro che in assenza di educatori preparati e desiderosi di rimettersi in gioco per poter utilizzare al meglio questi strumenti (e non considerarli come dei sostitutivi di loro stessi) possiamo rivolgere i nostri sistemi direttamente agli utenti finali.
Abbiamo anche pensato più volte di offrire i nostri sistemi ad organizzazioni internazionali che si occupano di portare aiuto a quei ragazzi che hanno perso tutto in circostanze disastrose e che a nostro avviso avrebbero bisogno – oltre che di una coperta e di un panino – anche di qualcosa non semplicemente per distrarsi ma per giocare sviluppando la loro curiosità conoscitiva e la loro voglia di imparare a fare cose che la natura non gli permette di sapere già fare. ma è incredibile quanto sia sottovalutato il problema della crescita intellettiva proprio nel periodo in cui i ragazzi hanno bisogno di mettere in moto le capacità elaborative, di esercitarle e svilupparle.
Così, creando questo nuovo servizio online, che abbiamo chiamato EduMediaTeca, abbiamo pensato di coinvolgere nel nostro piano educativo anzitutto quegli educatori in senso lato che hanno il modo e il desiderio di occuparsi di alcuni ragazzi e di seguirli almeno nel periodo più cruciale per la loro crescita. Ad essi – insegnanti o genitori o zii o nonni – purché abbiano a cuore la crescita dei loro piccoli cari rivolgiamo gratuitamente questo servizio chiedendo soltanto di indicare il loro nome e quello dei giovani allievi di cui intendono prendersi cura. I nostri sistemi di studio sono infatti pensati per un ragazzo curioso e desideroso di accrescere le proprie conoscenze e le proprie competenze, ma il loro migliore utilizzo è certamente quello che può farne in compagnia di un adulto che lo aiuti a esplorare, entro un testo e al di fuori di esso, tutte le possibilità di correlazione e gli strumenti di correlazione che attraverso i nostri sistemi di studio reticolare gli possono consentire di scoprire.
Chiunque stia accanto al nostro destinatario finale può aiutarlo a sfruttare ogni possibilità che i nostri sistemi offrono e può inserire al momento giusto nuovi stimoli per indurlo scoprire e a studiare quello che i nostri sistemi fanno venir voglia di scoprire e di studiare. Un bravo educatore può cogliere le tantissime opportunità che i sistemi offrono, non solo per trattare oggetti di studio normalmente non trattati nel curricolo scolastico, ma anche per trattare i medesimi oggetti di studio da più prospettive analitiche, applicando, nello studio, strumenti scientifici normalmente trattati a parte come «materie» scientifiche.
Al contrario se gli educatori non rimettono in gioco il loro stesso ruolo e le loro stesse competenze educative, vengono tagliati fuori dal rapporto tra noi e gli utenti finali. In tal caso i nostri sistemi possono diventare un valido e autonomo strumento educativo per tutti quei ragazzi che non si accontentano e non sono soddisfatti del tipo di educazione o di maleducazione che gli offrono i mezzi di comunicazione di massa a cui sono continuamente esposti, che gli offre la famiglia che vuole tenerli occupati per non doversene occupare, e che gli offrono quegli insegnanti che non si preoccupano di suscitare curiosità e interessi prima di tentare di soddisfarli, e nemmeno si preoccupano di ricercare strumenti più adeguati a soddisfarli.
Ma noi vogliamo ancora credere che in ogni famiglia, nel senso più allargato, in ogni comunità educativa scolastica o para scolastica, ci siano attuali o potenziali educatori desiderosi di fare al meglio il proprio lavoro o di svolgere meglio l’impegno che si sono presi nel seguire i loro ragazzi. È a loro che rivolgiamo i nostri sistemi, ed è a loro che chiediamo di prepararsi adeguatamente per non sotto-utilizzarli e non perdere anche questa eccezionale occasione per aiutare i loro ragazzi a crescere.
In nostri sistemi, pur essendo nati per aiutare le famiglie e la scuola ad educare le nuove generazioni di potenziali umanisti, sono anche pensati per aiutare gli adulti a formarsi, non solo per aiutarci in tale missione ma anche per continuare a crescere loro stessi, anzitutto affrancandosi dai condizionamento della cultura di massa, e poi riscoprendo il valore degli insegnamenti universali dei classici, per avvicinarsi all’arte e alla scienza in modi che sono normalmente preclusi a coloro che non ci lavorano professionalmente da autori e da studiosi.
Per quanto riguarda gli utilizzatori professionali dei nostri sistemi vale in parte quello che abbiamo detto sopra riguardo a quei professionisti dell’educazione, insegnanti e docenti, che a diversi livelli si occupano per vocazione e lavoro di insegnare alle nuove generazioni ad amare studiare, e possibilmente arricchire, quel patrimonio umanistico che purtroppo oggi è considerato da molti vecchio e superato, persino estraneo allo studio e alla pratica delle scienze e delle tecnologie. Tale pregiudizio evidentemente nasce sia dall’ignoranza della tradizione umanistica stessa, in cui arti, scienze, tecnologie sono sempre state indissolubilmente legate sia da una cattiva accezione del termine “umanista” stesso, che in passato ha sempre significato quella capacità dire di trattare le arti con la scienza e la tecnologia.
Proprio per questa ragione, per aver privato la formazione umanistica di quella componente scientifica e tecnologica che ha reso gli umanisti del passato capaci di creare capolavori di «ingegneria artistica», abbiamo deciso di dedicare parte della nostra attività a formare i nuovi umanisti del futuro attraverso gli insegnamenti degli umanisti del passato; quegli insegnamenti universali che non invecchiano con le mode e che non possono essere sottoposti ad accantonamenti storicistici e relativistici, ma che, ridando voce ai grandi maestri della tradizione umanistica, tornano ad essere considerati, nei nostri sistemi, le necessarie capacità per formare una nuova generazione di autori, studiosi e didatti, in una parola “umanisti”.
Dal momento che tra le nostre finalità di ricerca vi è quella fondamentale di studiare i principi universali della narrazione e della composizione in ogni campo artistico, abbiamo deciso di creare una “Scuola di narrazione poli-espressiva” per formare nuovi cantastorie, nuovi librettisti, nuovi compositori, nuovi narratori capaci di creare nuovi racconti che sfruttino a pieno la compresenza di più forme espressive o al meglio una sola di esse.
La nostra Scuola non solo non dimentica la lezione dei maestri ma anzi promuove lo studio di quegli archetipi narrativi presenti nelle favole, nelle leggende, nella mitologia, di cui purtroppo vengono sistematicamente cancellate le tracce dalla diffusione della cultura di massa. Quest’ultima, non soddisfatta di contribuire all’analfabetismo di ritorno degli adulti, è ormai penetrata a tutti i livelli nell’educazione, dal livello scolare a quello universitario, trasformando le scienze in scemenze, usando a sproposito le parole scienza e arte per nobilitare se stessa come nuova materia di studio, e finendo per creare una nuova generazione di pseudo artisti e scienziati, mantenuti istituzionali che non sanno più far nulla se non occupare malamente il posto di coloro di cui fino a poco tempo fa potevamo fidarci perché sapevamo che non avrebbero combinato danni a noi e al nostro paese.
Noi vogliamo dare un piccolo contributo nella formazione di nuovi professionisti in ambito artistico scientifico e naturalmente educativo.
Per rendere la nostra scuola realmente democratica e aperta a chiunque voglia studiare, intendiamo chiedere solo piccolissimi contributi in forma di donazioni soltanto per coprire le spese che dovremo sostenere per mantenerla in vita. E inoltre, siccome ci piace pensare che a tutti debba essere data una possibilità ma che tutti debbano meritarsela e soprattutto mantenerla, accetteremo nella scuola solo coloro che ci daranno prova di voler davvero formarsi crescere e imparare la lezione dei maestri. Dal momento che gli studenti della scuola potranno partecipare come apprendisti all’attività delle nostre botteghe, e dal momento che la loro formazione sarà individuale e maieutica cioè calibrata su ognuno di essi per fare in modo che possano essere sfruttate le loro conoscenze e competenze pregresse ma anche affrontati uno ad uno i pregiudizi e i presupposti impliciti della loro formazione professionale, non potremo dare accesso a molti candidati ma sicuramente ci adopereremo per seguire i migliori e più meritevoli.
Se con la scuola di narrazione vogliamo contribuire a formare gli autori di domani, con l’Edumediateca vogliamo contribuire a formare non solo coloro che potrebbero aspirare a diventare autori ma anche un’utenza più ampia per renderla capace di apprezzare il loro lavoro, quei ragazzi che crescendo saranno in grado di distinguere e comprendere i capolavori artistici e non farsi turlupinare dalla cultura di massa.
Per quanto riguarda i partner istituzionali il nostro rapporto con essi è più complicato e a volte contraddittorio. In quarant’anni abbiamo ricevuto diversi tipi di aiuti dalle istituzioni, che tuttavia abbiamo pagato a caro prezzo e spesso si sono trasformati in veri e propri ostacoli al nostro lavoro, nel momento in cui ci hanno abbandonato scoprendo che non eravamo conniventi con le loro politiche diseducative; in altri casi ci hanno combattuto togliendoci le risorse per evitare che le nostre proposte, i nostri progetti, i nostri sistemi giungessero ai loro utenti e finissero per smascherare – attraverso il democratico confronto – l’inconsistenza dei loro. Tuttavia per anni abbiamo collaborato con quelle istituzioni teatrali che in certi momenti si sono preoccupate della formazione del loro pubblico e dei loro autori e operatori, magari solo pensando che con le nostre proposte i nostri sistemi avrebbero promosso la diffusione dei loro prodotti spesso scadenti e non confrontabili con i capolavori classici di cui ci occupavamo nei nostri sistemi. Facciamo un esempio: un ente teatrale ci propone di sovvenzionare le nostre ricerche e la nostra produzione di un sistema di studio dedicato a un’opera di Shakespeare o di Verdi immaginando che gli insegnanti i ragazzi, gli studenti e il pubblico che fruirà del nostro sistema possano essere invogliati a vedere il nuovo spettacolo la nuova messa in scena messa in cartellone dal teatro stesso; fin qui nulla di male – a parte il fatto che essendo noi in pochi e con poche risorse non possiamo realizzare un sistema nei tempi estremamente stretti in cui un teatro vorrebbe pronto un prodotto da usare a scopo promozionale -, ma poniamo che ci riusciamo e che il nostro lavoro sia iniziato da tempo addietro per cui occorra solo completarlo. Secondo voi che cosa accadrà nel momento in cui gli utenti del nostro sistema scopriranno e apprezzeranno le complesse strategie del testo di Shakespeare e le meravigliose soluzioni registiche delle messa in scena da noi selezionate per rappresentare, all’interno del nostro sistema di studio, le soluzioni shakespeariana e quelle di chi ha saputo interpretarle al meglio? Quegli utenti finiranno per confrontare ciò che hanno appreso con quello che la nuova produzione potrà offrire loro, e potrà accadere che questa esca penalizzata anziché promossa dalla comparazione con il testo di Shakespeare e con le altre messe in scene che il nostro sistema sollecita e aiuta a fare.
Come avrete capito, il nostro non è un lavoro promozionale, come i nostri partner spesso hanno erroneamente inteso, a meno che non si intenda per promozione quella che indirettamente facciamo nei confronti degli autori classici e delle messinscena classiche che – purtroppo – poco importano a quei teatri che sono solo interessati soltanto a lanciare le loro stagioni e i loro allestimenti che, nella maggior parte dei casi, valgono così poco che non verranno neppure ripresi, perché non possiedono le qualità per una distribuzione nel tempo e nello spazio che si confronti onestamente con altre produzioni relative allo stesso soggetto.
Detto questo, noi abbiamo continuato a cercare rapporti con enti illuminati che prevedano, nei loro piani, investimenti sul futuro dei teatri stessi, che vogliano formare una nuova generazione di spettatori capaci di apprezzare la qualità, piuttosto che abbassare la qualità dei loro spettacoli per inseguire un pubblico reso rozzo e incolto dalla cultura di massa. Per far questo abbiamo perso – purtroppo – molto tempo scrivendo centinaia di progetti e andando per anni a incontri con Istituzioni apparentemente interessate, che non hanno portato a nulla.
Un discorso simile si potrebbe fare a proposito degli Enti locali, a cui per anni ci siamo rivolti proponendo loro di creare servizi per le loro comunità, potenziando i servizi delle scuole, dei centri culturali, delle biblioteche e musei sul territorio, formando i loro operatori e distribuendo i nostri sistemi anche soprattutto via Internet. Ma anche da parte degli Enti locali il concetto di investimento sul futuro è piuttosto difficile da concepire. Gli investimenti rifanno perlopiù offrendo a pioggia piccoli finanziamenti a quelle realtà che li eleggono o li hanno eletti e che devono tenersi buoni per mantenere tutto come è, giustificando la loro miopia con un relativismo ideologico che li porta a concludere che ogni centro, ogni comunità, deve avere la propria cultura locale, con la conseguenza implicita che ogni ragazzo che vuol crescere e coltivare ambizioni artistiche abbandona quei centri incapaci di offrirgli di più.
Anche se le opere di cui ci occupiamo hanno una valenza universale, che consente di rivolgerci – attraverso sistemi dedicati – a un’utenza internazionale, abbiamo spesso pensato di proporre agli Enti locali di creare delle botteghe «locali» anche per valorizzare le risorse artistiche delle città e dei piccoli centri d’arte antica diffuse sul nostro territorio e raccolte in biblioteche e dei musei; luoghi pubblici ove depositare i nostri archivi analogici ma soprattutto dove creare botteghe di ricerca e digitalizzazione di risorse, di formazione di autori e di produzione e distribuzione di sistemi di studio che da quelle e altre risorse possono essere ricavati per trasformare oggetti inerti e irrelati in strumenti di diffusione della conoscenza e di formazione autoriale. Ma anche in questi casi, dopo tante di inutili riunioni e centinaia di progetti che hanno sottratto risorse alla nostra attività, ci ritroviamo ancora a continuare a conservare preziose risorse per non farle finire inutilizzate e sepolte in uno scantinato di qualche biblioteca
Nondimeno in questi anni ci siamo rivolti a altri enti apparentemente simili al nostro – fondazioni, fondi, associazioni – che sono nate intorno all’opera di grandi autori, per tutelarla e farla conoscere; le abbiamo sollecitate a diventare nostri partner nel valorizzare le risorse di cui sono proprietari, eredi, aventi diritto; e anche in questo caso ci siamo scontrati con l’ottusità di soggetti che hanno paura di perdere il potere che pensano di avere fintanto che conservano solo loro nei loro luoghi fisici quei documenti rari che ogni tanto qualcuno va a cercare per un uso estremamente riduttivo come una tesina, ma grazie ai quali, per la semplice conservazione e per qualche conferenza annua tra di loro percepiscono un mantenimento dalla politica che li usa a volte addirittura come paraventi per finanziare le campagne politiche dei politici che stanno davanti o dietro a tali enti. Molte di queste istituzioni pensano che la digitalizzazione cioè la diffusione delle informazioni in loro possesso sarebbe la loro rovina, e quindi offrono solo consultazione in loco e per utilizzi che non siano pubblicazioni che potrebbero sottrarre pericolosamente valore ai loro documenti in copia unica, considerati evidentemente non per il valore informativo ma per quello economico. In altri casi abbiamo constatato come tali enti «usino», nel senso deteriore del termine, i nomi degli autori di cui si sentono depositari in esclusiva, per promuovere di tutto tranne che la conoscenza dell’opera stessa di cui sono depositari.
Un’attività come la nostra, che aiuta a scoprire la ricchezza intrinseca nel lavoro di un autore, nella sua opera, nei suoi testi, non si concilia con i piani di chi vuole produrre ricchezza economica usando, sfruttando, il nome di un autore, la cui opera rimane perlopiù sconosciuta, non apprezzata, non compresa e a volte persino non più editata, per lanciare qualunque altro tipo di prodotto con un nome di un autore o di un’opera che sono ormai conosciuti più per gli oggetti a cui sono associati che per l’opera stessa la quale invece continua a essere offuscata da stereotipi luoghi comuni e pregiudizi dovuti a una diffusione strumentale e ideologica.
Potremmo anche fermarci a parlarvi di come è stata accolta all’estero (dal momento che in Italia non abbiamo trovato interlocutori) la nostra proposta di sviluppare il progetto incompiuto e più ambizioso di Roberto Rossellini; di creare cioè un sistema poli-enciclopedico per correlare i laboratori di ricerca e di progettazione dei grandi umanisti del passato e del presente, e per far conoscere alle nuove generazioni gli insegnamenti dei maestri della nostra tradizione umanistica. L’ossessione del politicamente corretto e la confusione ideologica tra umanesimo e colonialismo hanno fatto sì che anni di inutili sforzi, di innumerevoli riunioni e apparenti interessamenti di da parte di università e altre istituzioni culturali all’estero siano serviti solo a farci capire quanto sia più arduo il nostro lavoro, quanti falsi amici circondano la nostra attività, pronti a bloccarla piuttosto che ad aiutarla.
Noi siamo sempre alla ricerca di un ente – locale o nazionale o internazionale – illuminato che voglia essere nostro partner nella creazione e nel sostegno di una realtà, insieme fisica e digitale, capace di attrarre attenzioni a livello internazionale ma anche capace di offrire un servizio locale e di diffondere i risultati del nostro lavoro; insomma una sorta di biblioteca-museo-laboratorio dedicato ai maestri della tradizione umanistica sotto la guida degli insegnamenti di umanisti contemporanei come Roberto Rossellini o Alberto Cirese, di cui non solo conserviamo gli archivi digitali ma stiamo realizzando i loro progetti incompiuti e irrealizzabili senza le più adatte tecnologie e senza un lavoro di équipe come il nostro per fare della loro opera uno strumento oltre che un oggetto di conoscenza.
Un museo della tradizione umanistica sotto la guida di Roberto Rossellini e Alberto Cirese, che sia anche un laboratorio di ricerca, progettazione, diffusione dei sistemi di studio che potranno essere tratti dalla correlazione tra gli archivi dei grandi maestri della tradizione umanistica – senza per questo doverli raccogliere tutti in loco ma creando virtuose partnership con altri enti depositari dei grandi archivi – sarebbe per noi la realizzazione di un sogno che al momento ci appare ancora irrealizzabile, data la situazione culturale di degrado in cui versa il nostro paese e in cui sembrano versare anche i paesi con cui abbiamo cercato di stabilire proficue collaborazioni. Ci abbiamo provato ma la morte di nostri sostenitori o la cadute di giunte illuminate a livello locale ha fermato i progetti quando ancora erano allo stato di elaborazione.
Un altro nostro sogno nel cassetto sarebbe quello di creare una library, una biblioteca educational audiovisiva di risorse teatrali e cinematografiche da mettere a disposizione a chi come noi ne ha bisogno per poter creare sistemi di studio che possano far ricavare insegnamenti metodologici da quelle opere ma anche che possano consentire agli spettatori digitali di quelle opere di poterli meglio apprezzare con strumenti adatti ad esplicitarne la ricchezza intrinseca. Paradossalmente noi stessi non siamo in grado in questo momento di poter creare un archivio digitale on-line per lavorare a distanza senza incappare nelle restrizioni dovute alla miopia che lega ancora l’audiovisivo ai supporti e che impedisce persino di fare un backup on-line a chi possiede copie regolarmente acquisite di tali prodotti.
Per anni abbiamo collaborato con enti quali conservatori e accademie per creare una Scuola-Laboratorio di narrazione e composizione che coprisse tutte le forme espressive e che potesse svolgere una funzione formativa nei confronti dei nuovi autori poli-espressivi – o più volgarmente detti multimediali – nuovi librettisti compositori e cantastorie del futuro, ma anche che fosse in grado di produrre nuove opere poli-espressive che si aggiungano al patrimonio artistico di opere del passato di grande qualità, che immeritatamente il nostro paese possiede ma non tutela né valorizza adeguatamente, e soprattutto non è più in grado di arricchire.
in questo sconfortante panorama di partnership ricercate e naufragate siamo riusciti negli anni a trovare alcuni compagni di viaggio che ci hanno aiutato per un poco, che ci hanno sostenuto nelle grandi commemorazioni e poi abbandonato come se non fossimo più utili per i loro interessi; enti che ci hanno offerto piccoli finanziamenti salvo poi ritirarli quando ormai eravamo a lavori avanzati, avevamo investito i nostri stessi risparmi, costringendoci così indirettamente a pagare interessi alle banche non per completare i progetti (che sono rimasti incompiuti per mancanza di fondi) ma per non fallire noi stessi a causa dei nostri investimenti superiori alle nostre forze.
Insomma, forse vale il proverbio “meglio soli che male accompagnati”; ma noi non smettiamo di ricercare partnership, sperando che a capo delle istituzioni non finiscano soltanto soggetti interessati a razziare tutto quello che possono, a collocare parenti e amici, e a ricercare soltanto successi che possano far parlare di loro subito piuttosto che investire in progetti i cui frutti verrebbero raccolti quando loro avrebbero ormai passato le redini ad altri.
Incredibilmente gli aiuti più concreti che abbiamo ricevuto in questi anni – da parte di enti che solo indirettamente possiamo considerare nostri partner – sono quelli che provengono dalle aziende sviluppatrice di software e hardware, che in molti casi hanno riconosciuto il valore educativo della nostra attività, offrendoci sconti e concessioni di mezzi tecnologici senza guadagnare nulla, al solo scopo filantropico di poter contribuire alla riuscita delle nostre imprese.
Premesso che nella scelta degli oggetti di cui ci occupiamo e delle tecnologie che utilizziamo per realizzare i nostri sistemi l’unico criterio che adottiamo è quello della qualità, proprio per questo ci fa piacere contribuire – indirettamete – a promuovere sia l’opera degli autori di occupiamo sia i mezzi tecnologici che utilizziamo, che testiamo, che «stressiamo» per trarne usi non previsti dagli stessi sviluppatori.
Sin dalla nascita l’istituto ha cercato di collaborare – per necessità – con quanti si occupavano di sviluppare tecnologie di cui loro stessi non immaginavano neppure le possibilità di utilizzo che noi ne avremmo ricavato. Spesso ci siamo proposti come «beta tester», altre volte lo siamo stati di fatto, e altre ancora abbiamo collaborato direttamente alla realizzazione delle tecnologie che utilizzavamo, come accade da sempre a qualunque umanista che inventa o migliora gli strumenti del proprio lavoro. Anche per questo motivo abbiamo deciso di investire parte del nostro tempo a ideare strumenti tecnologici software più adatti allo sviluppo dei sistemi che progettiamo e realizziamo.
Invero fino ad oggi abbiamo sopperito all’inesistenza di tecnologie adatte per questo lavoro con un impegno costante nel ricercare possibilità di sfruttamento al di là di quelle previste dagli sviluppatori, e spesso abbiamo fornito loro la nostra competenza per migliorare i loro software. Per nostra disgrazia abbiamo creduto nella lungimiranza di progetti tecnologici che sono naufragati non tanto per la bontà di quelli quanto piuttosto per la scarsità di utilizzatori sul mercato.
Abbiamo creduto nella scelta di Apple di distribuire lo strumento software “Hypercard” insieme alle sue macchine quando invece tutti investivano soltanto in “suite” software che replicavano digitalmente gli strumenti da ufficio e che pensavano che gli strumenti tecnologici per realizzare prodotti comunicativi e narrativi servissero solo a fare presentazioni aziendali e pubblicità per vendere merce.
Per anni ci siamo intrattenuti con ideatori e sviluppatori di software americani in quel campo dell’«intertestualità» del quale il nostro lavoro ha sempre costituito lo stato dell’arte, ma dal momento che la loro miopia gli impediva di uscire dagli schemi dell’editoria tradizionale, dopo anni in cui abbiamo mostrato i nostri prototipi in ogni occasione internazionale dalle più grandi vetrine dell’ editoria e della tecnologia, a musei biblioteche e università di tutto il mondo interessate alle possibilità di creare manuali reticolari mostre interattive spettacoli multimediali che si avvalessero della reticolarità tecnologica a cui lavoravamo creando prototipi che ci hanno permesso di diventare lo stato dell’arte nella ricerca sui nuovi strumenti di fruizione e studio interattivo, prima offline poi online.
Con gli anni abbiamo abbandonato i falsi compagni di strada che ormai vedono in Internet e in Wikipedia la realizzazione dei loro sogni, per sentirci più vicini a coloro che come Theodor Nelson continuano a coltivare l’utopia di un editoria non solo senza supporti – come noi abbiamo sempre sostenuto – ma anche non chiusa in ogni singolo prodotto e capace di generare sistemi di correlazione tra strumenti e oggetti di studio, capace di separare e al contempo di correlare un romanzo ad altri romanzi o film o drammi attraverso studi che esplicitino sia le correlazioni implicite con essi in base a principi di narrazione e composizione condivisi ma anche i criteri di correlazione cioè i presupposti teorici degli studi stessi.
In conclusione, siamo nati pionieri e continuiamo ad essere pionieri, creando prototipi di possibili collane editoriali, di nuove tipologie di manuali, di nuovi sistemi di studio che integrino cose che normalmente, fin dalla scuola, sono separate tra loro: gli oggetti da fruire e studiare pubblicati separatamente come materia da intrattenimeto; gli strumenti per apprezzarli e studiarli, pubblicati separatamente come saggi, guide alla lettura, documentari; le teorie presupposte negli strumenti di studio di solito pubblicate separatamente come manuali scientifici, che invece costuiscono invece parte integrante dei nostri sistemi di studio proprio in quanto criteri di correlazione e presupposti teorici delle lezioni analitiche sui testi oggetto di studio.
È chiaro che con una struttura organizzativa come la nostra, basata sul volontariato, sul tempo cioè che ciascuno di noi può ritagliare per questa attività, ne consegue che solo numero ridotto di collaboratori può lavorare su ogni progetto. Per queste ragioni ogni sistema di studio richiede anni di lavoro; un lavoro in gran parte ancora artigianale e forse inevitabilmente sempre artigianale. Tuttavia, con maggiori risorse, potremo impegnare un numero maggiore di collaboratori su ciascun progetto. Inoltre potremo standardizzare e automatizzare alcune fasi del lavoro e servirci di una dotazione tecnologica maggiore. In tal modo la nostra attività potrebbe assicurare un numero maggiore di titoli all’anno e potrebbe affidare a delle vere e proprie redazioni ed équipe ciascun progetto evitando di dover impegnare gli stessi collaboratori su più progetti. Ma mentre sogniamo di poter raggiungere questo livello organizzativo, ci accontentiamo delle collaborazioni che abbiamo, e delle piccole partnership che otteniamo con il mondo tecnologico.
Inoltre, dopo anni di inutili studi sulla comunicazione intesa come promozione, abbiamo concluso che il miglior modo per sostenere la nostra attività, da parte vostra e nostra, sia il vecchio collaudato «passaparola» tra persone che abbiano conosciuto, provato, e apprezzato direttamente i nostri servizi, e dunque possano decantarne le qualità ai loro conoscenti che si fidano del loro giudizio. Vi saremo grati perciò se ci aiuterete in questo modo a farci conoscere e a ricercare per noi e con noi i partner più giusti, nuovi potenziali utilizzatori e nuovi potenziali collaboratori.